Il TFR (Trattamento di Fine Rapporto, conosciuto anche come liquidazione) è un’indennità che viene pagata al dipendente al momento della cessazione del lavoro (licenziamento, dimissioni o pensione). Il datore di lavoro é obbligato ad accantonare una quota di TFR ogni anno e la sua maturazione viene calcolata per ogni mese lavorato o frazioni di mese superiori a 15 giorni.

Il TFR si calcola sommando la retribuzione lorda annua del dipendente, diviso 13,5. Se quindi per esempio lo stipendio annuo del lavoratore è pari a 24.000 euro lordi, ogni anno verranno accantonati circa 1.777 euro. In realtà sarà accantonato un po’ di più di 1777 euro (una ventina di euro in più) poichè, tale cifra, viene rivalutata in base a degli indici ISTAT in modo da preservarne il valore reale nonostante l’inflazione.

TFR

TFR mensile in busta paga

Il Governo Renzi ha intenzione di far inserire alle aziende il TFR in busta paga ogni mese. In questo modo lo stipendio mensile del lavoratore, “lieviterebbe”. Sì, ma di quanto? In realtà nello stipendio degli italiani dovrebbe ritrovarsi, se la legge venisse approvata circa il 7,40% in più (74 euro ogni 1.000 euro). Ovviamente, stando a quanto detto da Renzi, il lavoratore manterrebbe il diritto a decidere se ottenere parte del TFR in busta paga o se lasciarlo intatto per il futuro.

Da gennaio 2015 quindi. se la norma viene approvata, il lavoratore potrebbe avere altri 100 euro scarsi, a cui vanno aggiunti gli 80 euro di bonus introdotti nel 2014, sempre allo scopo di rimpinguare lo stipendio degli italiani. Ma scegliere di avere il TFR in busta paga, conviene? Vediamo se scegliere di avere la metà del TFR in busta paga conviene veramente per il dipendente, aldilà dei problemi di liquidità che sorgono sicuramente per il datore di lavoro.

Innanzitutto, occorre chiarire che questo anticipo sul TFR non è un regalo del governo, anzi. Il TFR è un accantonamento da parte del datore di lavoro e quindi è denaro che già è del lavoratore, solo che verrà pagato alla fine del rapporto di lavoro.

La tassazione. Il governo non ha ancora chiarito se il TFR in busta paga sarà esentasse (sicuramente no) o se sarà applicata una specifica tassazione (più bassa rispetto ai redditi) o se andrà semplicemente a fare cumulo con i redditi, quindi soggetto a ordinaria tassazione IRPEF.

In quest’ultimo caso il lavoratore ci perderebbe, perchè fin quando percepisce il TFR solo alla fine del rapporto di lavoro, viene applicata un’aliquota media, calcolata sulle varie aliquote applicate nel corso degli anni (di solito l’aliquota media è pari al 23%). Se invece il TFR viene erogato in busta paga e fa cumulo con i redditi, a questa parte di denaro viene applicata l’aliquota più alta.

Inoltre, ricordiamo che anche le detrazioni fiscali per lavoro dipendente dipendono dal reddito percepito, per cui, se a causa dell’anticipo sul TFR richiesto in busta paga, questo reddito aumenta, le detrazioni potrebbero variare in diminuzione. Se quindi il governo decide che il TFR sia tassato in maniera ordinaria, in realtà, il dipendente percepirà una somma inferiore rispetto all’attuale TFR percepito alla fine del rapporto di lavoro a causa dell’aliquota IRPEF maggiore. Questo si tramuterebbe quindi in una maggiore entrata semplicemente per lo Stato e non per il lavoratore che sì, avrebbe quei 100 euro oggi in più, ma quei 100 euro sarebbero stati 110 in futuro. Meglio l’uovo oggi o la gallina domani? Per il governo, sicuramente meglio una tassa in più oggi, che in futuro.