Il nostro ordinamento, tiene in gran conto la madre lavoratrice e la tutela sotto più aspetti. La madre ha diritto a cinque mesi di astensione obbligatoria dal lavoro, a cui se ne aggiungono altri sei di astensione facoltativa. Inoltre, la madre non può essere licenziata.

Lo scopo della legge è quello di evitare abusi da parte del datore di lavoro, volti a “disfarsi” della donna madre. Vediamo di seguito quali sono le tutele previste in Italia in caso di licenziamento e in caso di dimissioni per una lavoratrice madre.

Gravidanza

In gravidanza e dopo la maternità

La legge impone al datore di lavoro, il divieto di licenziare la donna incinta dall’inizio della gravidanza, fino al compimento di un anno di età del figlio. Un licenziamento durante questo periodo, è da ritenersi nullo. La madre potrà quindi decidere se richiedere il reintegro pieno nell’azienda (anche dei contributi previdenziali INPS persi), oppure un risarcimento danni pari a quindici mensilità, ridotte dell’eventuale retribuzione percepita presso altro datore di lavoro dal giorno del licenziamento in poi.

Per quanto riguarda invece le dimissioni, oppure la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, esse devono essere sottoposte a convalida presso la Direzione Provinciale del Lavoro, fino ai 3 anni del bimbo. Questo per scongiurare il pericolo di “false dimissioni”, a cui potrebbe essere stata costretta la madre.

Cessazione attività e altri motivi

Tuttavia, ci sono casi specifici per cui il licenziamento di lavoratrice incinta o madre sono possibili:

  1. Cessazione dell’azienda. Purtroppo a causa della crisi, sono tante le aziende che chiudono. A questo punto, chiaramente, anche le donne incinte e madri lavoratrici saranno licenziate, come tutti gli altri dipendenti.
  2. Colpa grave della lavoratrice. La lavoratrice è licenziabile sempre, qualora ricorra giusta causa, ossia atto di tale gravità da non permettere la continuazione del rapporto (per esempio furto, gravi minacce, etc.).
  3. Esito negativo durante o dopo il periodo di prova. Se si tratta quindi di neoassunta e ancora in periodo di prova, il datore di lavoro può licenziare la dipendente, motivando il mancato superamento della prova.