Il tuo hobby per la coltivazione della terra sta crescendo in qualcosa di più grande? Il tuo giardino di casa è stracolmo di ortaggi, frutta e verdura? Allora è arrivato il momento di realizzare i tuoi sogni: registra subito la tua partita IVA agricola, compra alcuni ettari di terreno, acquista un trattore, assumi dei braccianti e dai vita alla tua azienda.

In questa guida ti spiego come aprire una partita IVA agricola, ti elenco i requisiti che devi avere e ti mostro i vantaggi che puoi ottenere con il regime di esonero dedicato solamente agli imprenditori agricoli. Ma non solo, ti spiego anche come gestire il tuo contratto da lavoratore dipendente se sei già assunto altrove.

Come funziona

La normativa italiana definisce l’imprenditore agricolo il soggetto che, titolare di partita IVA, esercita attività legate alla coltivazione della terra, all’allevamento o alla selvicoltura. La partita IVA agricola deve essere aperta con codice ATECO 01 agricoltura (il codice ATECO è il numero che identifica il settore della tua attività).

Un’impresa agricola può essere aperta sotto due forme:

  • Individuale: l’imprenditore è uno solo;
  • Societaria: ci sono più soci. Si possono creare società di persone (snc, sas), società di capitali (srl, spa, sapa) ed ovviamente anche cooperative.

Requisiti

Affinché una ditta individuale o una società, possa definirsi “agricola”, deve rispettare alcuni requisiti ed adempiere a precisi obblighi. Primo fra tutti, l’imprenditore individuale oppure, nel caso di società, almeno un socio, deve essere uno IAP (imprenditore agricolo professionale). Lo IAP è colui che:

  • possiede le competenze tecniche per portare avanti un’attività agricola;
  • dedica almeno il 50% del suo lavoro all’attività agricola. Se quindi ha un altro impiego, almeno il 50% del lavoro é dedicato all’attività agricola, il resto può essere dedicato ad altro.

L’impresa agricola, per definirsi tale, deve rispettare precisi obblighi:

  • Occorre ottenere dall’attività agricola almeno il 50% del reddito complessivo, percentuale ridotta al 25% se si opera in aree svantaggiate. Significa quindi che, se hai un altro lavoro, almeno il 50% (o 25%) del tuo reddito, deve derivare dall’impresa agricola. Se quindi il tuo reddito annuo totale è, per esempio, di 100.000 euro, almeno 50.000 euro devono derivare dall’impresa agricola;
  • Nella denominazione dell’azienda, deve esserci anche la dicitura “società agricola”. Quindi, se per esempio la società si chiama “Frutta e verdura”, si chiamerà “Frutta e verdura società agricola”. Gli imprenditori individuali invece, possono inserire la dicitura “azienda agricola”.

Vantaggi

Le imprese agricole, che siano di imprenditori giovani o meno (non ci sono limiti di età), usufruiscono di alcune agevolazioni e benefici fiscali: prima fra tutte, la possibilità di aderire al “regime fiscale di esonero“, uno speciale regime di vantaggio dedicato agli imprenditori agricoli con questi requisiti sul fatturato annuo:

  • Non supera i 7.000 euro;
  • Deriva per almeno i 2/3 da vendita di prodotti agricoli e ittici.

Le prime bozze della Legge di stabilità 2016 prevedevano l’abrogazione di questo regime ma poi, l’intervento delle associazioni di categoria, ha fermato questa ipotesi e il regime vige tuttora. Si tratta di una agevolazione che sostiene i piccoli imprenditori che non riuscirebbero ad andare avanti con i costi previsti dalla tassazione ordinaria.

Regime di esonero

Il più importante vantaggio per l’imprenditore agricolo è quello di aderire al regime fiscale “di esonero” di cui ti ho già accennato prima. Possono aderire a questo regime, le imprese agricole che rispettano questi requisiti sul fatturato annuo:

  • Non supera i 7.000 euro;
  • Deriva per almeno i 2/3 da vendita di prodotti agricoli e ittici.

L’impresa che aderisce a questo regime, usufruisce dei seguenti vantaggi:

  • non è obbligata a emettere fatture;
  • non è obbligata a presentare la dichiarazione dei redditi.

Aderendo a questo regime in esenzione, quindi, l’imprenditore é esonerato dagli obblighi contabili e dichiarativi. Deve però conservare le fatture di acquisto (dai fornitori), le autofatture (di cui ti parlerò più avanti) e le eventuali bollette doganali.

Se si supera il limite di 7000 euro o quello di 1/3, l’imprenditore non può più aderire al regime di esonero, ma può optare per il regime semplificato, oppure per il regime ordinario, con tutti i maggiori costi gestionali e fiscali che ne conseguono.

Costi e tasse

I costi sono quelli legati alla tua attività tra cui le spese per le materie prime (semi, terra, concime), per gli animali (spese veterinarie e cibo) e l’affitto dei locali tra le altre. Dal punto di vista fiscale non devi pagare nulla o quasi:

  • non devi tenere nessuna contabilità; non devi emettere fatture, scontrini, ricevute, niente di niente;
  • non devi fare la dichiarazione dei redditi, quindi niente modello Unico;
  • non devi pagare l’IVA e, di conseguenza, non devi presentare le dichiarazioni relative all’IVA;
  • non sei obbligato a iscriverti al Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio (art. 2 L. n. 77 25/3/1997). Se però vendi al dettaglio i tuoi prodotti (d.lgs. 228 del 2001), devi iscriverti al registro delle imprese (nella Sezione Speciale). L’iscrizione ha un costo di circa 60 euro annui.

Riguardo all’IRPEF invece, la ditta individuale agricola è tassata sempre sulla base della rendita catastale del terreno e non sulla base del fatturato, qualunque sia il regime fiscale di appartenenza. Se quindi sei un imprenditore agricolo (in esonero o no), non paghi alcuna IRPEF sul tuo fatturato, ma soltanto sulla rendita catastale dei terreni.

In sede di dichiarazione dei redditi quindi, non devi compilare il quadro RG – redditi d’impresa, ma il quadro RA – redditi dei terreni. Questo ovviamente se sei il proprietario del terreno. Se il terreno è in affitto o in comodato d’uso non devi pagare alcuna IRPEF e non sei neanche obbligato a presentare la dichiarazione dei redditi.

Altro costo che dovrai sostenere è quello relativo all’INPS (dovrai infatti pagare i contributi che serviranno a maturare la tua pensione). Per gli Imprenditori agricoli il costo annuale INPS é pari a circa 1.500 euro, la metà rispetto agli altri tipi di imprese.

Come aprire

Per aprire la partita IVA agricola occorrono i seguenti documenti:

  • Documento di identità;
  • Codice fiscale;
  • Visura e titolo di possesso del terreno se nell’impresa userai un terreno di tua proprietà.

Questi documenti possono essere presentati:

  • Direttamente all’Agenzia delle Entrate, recandoti personalmente con i documenti di cui sopra. L’apertura della partita IVA in questo caso è gratis. Una volta ottenuta la ricevuta di apertura partita IVA, dovrai recarti all’INPS per l’apertura della relativa posizione.
  • Presso una sede Coldiretti (associazione coltivatori diretti) della tua città. In questo caso otterrai maggiore supporto e consulenza: la pratica di apertura della tua partita IVA e della tua posizione INPS può essere gestita dall’associazione. Alla Coldiretti pagherai un importo pari a 26,40 euro.
  • Online tramite ComUnica: il servizio online messo a disposizione delle Camere di Commercio, con cui è possibile fare tutto in una volta sola. Grazie a ComUnica, puoi aprire la partita IVA e, contemporaneamente, aprire la posizione INPS.

Se sei un imprenditore agricolo obbligato all’iscrizione alla Camera di commercio (quindi non in esonero, oppure in esonero ma vendi al dettaglio i tuoi prodotti), devi aprire la partita IVA esclusivamente online, tramite ComUnica. Ovviamente, puoi sempre rivolgerti alla Coldiretti, che può aiutarti a inviare la procedura.

Acquisti

Per quanto riguarda gli acquisti, tutto quello che devi fare dal punto di vista fiscale è conservare le fatture di acquisto di qualsiasi bene e servizio.

A questo punto però, sorge una domanda: se un tuo cliente è a sua volta titolare di partita IVA e ti chiede la fattura per scaricare il costo che cosa fare? Non devi rilasciare alcuna fattura. Sarà il tuo cliente a dover emettere “autofattura” (un documento indicante l’acquisto effettuato da te). Dovrai solo conservarne la copia che ti darà.

Un caso particolare, è quello dell’acquisto di un trattore. Per l’acquisto di una macchina agricola, è infatti previsto l’iter burocratico che prevede:

  • Immatricolazione, se la macchina é nuova;
  • Richiesta del duplicato della carta di circolazione aggiornata, se la macchina è usata.

In entrambi i casi dovrai rivolgerti al Dipartimento dei Trasporti Terrestri (la Motorizzazione Civile) della provincia in cui ha sede la tua azienda. In alternativa, puoi rivolgerti a un’agenzia di pratiche automobilistiche, ovviamente in questo caso dovrai pagare loro il compenso previsto.

I documenti da presentare (alla Motorizzazione o all’agenzia), sono:

  • Documento di identità e codice fiscale, se hai una ditta individuale;
  • Documento di identità e codice fiscale di tutti i soci se avete una società;
  • Dichiarazione di titolarità, ossia una dichiarazione attestante che la macchina serve per l’attività agricola dell’azienda. Solo grazie a questa dichiarazione, il tuo trattore può essere classificato come “macchina agricola”. Questa dichiarazione è molto importante, perché spesso a livello nazionale o europeo sono previste delle agevolazioni o perfino contributi a fondo perduto per l’acquisto di macchine agricole.

Lavoro dipendente

Se sei un lavoratore dipendente e vuoi diventare un imprenditore agricolo, puoi farlo ad alcune condizioni. La situazione è differente a seconda che tu sia un dipendente privato o un dipendente pubblico (insegnante, impiegato statale, etc.).

Dipendente privato

Se sei un dipendente presso un’azienda privata non ci sono problemi di incompatibilità. In generale non è neanche obbligatorio dare alcuna comunicazione al tuo datore di lavoro, soprattutto se si tratta di un’attività in settori diversi.

Suggerimento

Consulta sempre il tuo contratto di lavoro, per verificare, soprattutto se operate entrambi nello stesso settore. Potrebbe esserci una clausola di obbligo di fedeltà: ossia l’obbligo di non essere in concorrenza con il tuo datore di lavoro.

Se hai un lavoro da dipendente full time, hai un ulteriore vantaggio: non sei obbligato a pagare i contributi INPS per la tua partita IVA. Sei già coperto dal tuo datore di lavoro e l’INPS riconosce questa esenzione quando il lavoro dipendente “prevale” rispetto a quello che dedichi alla tua impresa agricola. Questa possibilità vale solo se il tuo contratto da dipendente è full time da 40 ore. Non vale per i part time.

Dipendente pubblico

Ai sensi dall’articolo 98 della Costituzione, i dipendenti statali non possono avere più impieghi, ma devono dedicarsi esclusivamente al lavoro pubblico. Un’eccezione è prevista dalla Legge 662/1996, che consente ai dipendenti pubblici part time, di chiedere all’amministrazione pubblica un’autorizzazione ad esercitare altra attività.

Il datore di lavoro pubblico, prima di rilasciare questa autorizzazione, verificherà che non sussistano conflitti di interesse tra il lavoro svolto nel pubblico e quello di impresa agricola e che quest’ultima non sottragga tempo alla prima. Questa possibilità è prevista solo per i dipendenti pubblici part time e non per i full time.

Chiusura

La chiusura della partita IVA agricola non ha alcun costo e può essere fatta tramite:

  • Coldiretti, che può gestire la tua pratica di chiusura della partita IVA e relativa posizione INPS;
  • Agenzia delle Entrate, che ti rilascerà un’apposita ricevuta. Con questa ricevuta devi poi recarti all’INPS per chiudere la posizione contributiva;
  • ComUnica, per chiudere contemporaneamente partita IVA e posizione INPS:

Attenzione

La partita IVA va chiusa entro 30 giorni dalla cessazione dell’attività. Se ritardi, oppure in caso di partita IVA inattiva da tempo, l’Agenzia delle Entrate può chiederne la cancellazione d’ufficio e applicarti anche una sanzione pari a 516 euro, ridotti a 172 euro se provvede alla chiusura entro 30 giorni dalla comunicazione (art. 35 comma 15 quinquies del DPR 633/72).