Il medico ha il preciso dovere di informare il paziente in merito a tipologia, rischi e pericoli eventuali di un intervento terapeutico. In tal modo, il paziente può assumere la decisione più appropriata, in piena consapevolezza.

In questa guida completa sul consenso informato al trattamento sanitario, ti spiego cos’è e qual è la definizione, quali caratteristiche deve avere affinché si possa parlare di consenso realmente informato, qual è la forma del consenso, la responsabilità penale del medico e infine come si quantifica il danno derivante da mancato consenso informato.

Cos’è

Il consenso informato al trattamento sanitario è la volontà scritta di un paziente, nel quale dichiara di aver ricevuto dal medico tutte le esaustive informazioni in merito a un piano terapeutico. Il medico infatti, prima di intraprendere un intervento, avvisa il paziente degli eventuali rischi e pericoli e il paziente presta il suo consenso o meno a procedere.

Lo scopo del consenso informato è chiarire le conseguenze di un intervento terapeutico, tutelare il medico da responsabilità e il paziente stesso da incomprensioni e fraintendimenti futuri.

Ogni persona malata deve conoscere tutte le informazioni inerenti le sue condizioni, il trattamento terapeutico, poter chiedere delucidazioni se qualcosa non è chiaro. Solo dopo aver ricevuto ogni dato utile, può finalmente prendere la sua decisione, se sottoporsi o meno al piano terapeutico o all’intervento chirurgico.

Definizione

La definizione di consenso informato trae origine dalla sentenza n. 45126 datata 4 dicembre 2008 della Corte di Cassazione Penale che lo configura come la necessità di chiedere al paziente l’approvazione del trattamento sanitario a cui intende sottoporsi.

Sempre in base alla suddetta sentenza, l’assenza di adeguata approvazione determina l’illegittimità del piano e il medico è responsabile penalmente di aver compiuto un trattamento su un paziente senza prima informarlo di rischi e pericoli.

Caratteristiche

Affinché un consenso possa definirsi informato, non devono mancare le seguenti caratteristiche:

  1. Il consenso va messo per iscritto e firmato dal paziente;
  2. Il medico deve richiederlo per ogni piano terapeutico;
  3. Se il medico propone un medicinale o una cura sperimentale, deve chiedere il consenso scritto al paziente;
  4. Se il medico propone un medicinale o una cura non convenzionale, deve chiedere il consenso scritto al paziente;
  5. In caso di ricovero in ospedale, il consenso scritto deve essere annesso alla cartella clinica.

Forma del consenso

La Legge n. 219/2917, all’articolo 1 comma 4, specifica la necessità del consenso informato in forma scritta. Laddove non sia possibile, per esempio se il paziente è impossibilitato da precise condizioni di salute, allora il medico deve acquisire il consenso con riprese video o altri mezzi di comunicazione validi.

Obbligatorio per legge

Il medico quindi, dopo aver acquisito il consenso informato, lo inserisce nella cartella clinica del paziente. La firma del consenso ne è prova concreta ed è obbligatorio per legge.

Responsabilità penale

Il consenso informato tutela il medico da responsabilità penale in caso di conseguenze derivanti dal trattamento: informa opportunamente il paziente, in modo che sia egli stesso a decidere se correre il rischio o meno.

Qualunque sia l’intervento infatti, anche il più semplice, comporta sempre dei rischi, a volte remotissimi, altre volte più probabili. E il paziente deve essere sempre messo a conoscenza di tutto, in modo da poter compiere una scelta consapevole. Il medico si libera dalla responsabilità fornendo al paziente tutte le informazioni adeguate in merito al trattamento e il paziente firma il consenso informato.

In assenza di consenso informato, se poi il paziente ha delle conseguente di cui non aveva ricevuto alcuna informazione, il medico è responsabile penalmente: in base al caso e alle circostante, può configurarsi reato di lesione personale e violazione del diritto all’autodeterminazione. Il consenso informato quindi, assume valenza deontologica, ma anche necessità legale per evitare un contenzioso.

Tra l’altro, se il paziente riporta danni o menomazioni in seguito all’intervento, anche se il medico ha operato in maniera adeguata e senza errori, ma è mancato il consenso informato, il medico è responsabile: il paziente può chiedere il risarcimento dei danni (Corte di Cassazione, sentenza n. 6464/94).

Come si quantifica il danno

Come si quantifica il danno da mancato consenso informato. Sicuramente non rappresenta situazione semplicissima quella di calcolare il danno sopportato dal paziente. Tuttavia, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28985/2019, ha fornito importanti indicazioni in merito.

Secondo la suddetta sentenza, l’assenza di consenso informato può causare:

  1. Danno alla salute;
  2. Danno da violazione al diritto dell’autodeterminazione, se dalla mancanza di informazioni ne deriva un danno economico o non economico (quest’ultimo diverso dal danno alla salute).

La Corte di Cassazione, ha ipotizzato i seguenti casi:

  1. Assente adeguata informazione, colpa del medico e danno alla salute del paziente. Tuttavia, se la vittima avesse adeguatamente conosciuto rischi e pericoli, avrebbe lo stesso acconsentito all’intervento. In questa situazione, alla vittima spetta solo il risarcimento del danno alla salute;
  2. Assente adeguata informazione, colpa del medico e danno alla salute del paziente. Il tutto aggravato dal fatto che, se la vittima avesse conosciuto rischi e pericoli, non avrebbe acconsentito all’intervento. In questa situazione, al paziente spetta il risarcimento del danno alla salute e del danno derivante dalla lesione al diritto all’autodeterminazione;
  3. Mancata adeguata informazione che ha causato un danno alla salute o un aggravamento delle condizioni di salute preesistenti, seppure senza condotta colposa del medico. Inoltre, se il paziente avesse conosciuto rischi e pericoli, non avrebbe acconsentito all’intervento. In questa situazione, al paziente spetta il risarcimento del danno da violazione del diritto all’autodeterminazione del paziente, secondo il prudente apprezzamento del giudice. Per quanto riguarda invece il danno alla salute, siccome la vittima non si sarebbe sottoposta all’intervento se avesse ben conosciuto rischi e pericoli, il risarcimento è calcolato in funzione dell’aggravamento di salute rispetto alla condizione preesistente all’intervento.
  4. Mancata adeguata informazione e nessun danno causato, con paziente che, anche se avesse saputo bene rischi e pericoli, avrebbe comunque acconsentito all’intervento. In questa situazione non spetta alcun risarcimento;
  5. Errore o negligenza diagnostica che ha fatto desistere il paziente ad avviare più profondi accertamenti, seppure non ci sono stati danni per la salute del paziente. In questa situazione, al paziente spetta il risarcimento del danno per lesione del diritto di autodeterminazione, ma solo se dimostra che dalla inadeguata informazione ne è derivata minore libertà di disporre della propria persona, a livello psicologico e fisico.

Ricapitolando, per quantificare l’eventuale risarcimento del danno:

  1. Capire se il paziente si sarebbe o meno sottoposto all’intervento se fosse stato adeguatamente a conoscenza dei rischi;
  2. Il danno causato, l’entità e le caratteristiche;
  3. L’onere della prova spetta al paziente.