In alcuni settori, avere dei lavoratori a chiamata è indispensabile: basti pensare per esempio a un negozio, dove in periodo di saldi il lavoro si triplica; oppure a un ristorante, i cui clienti aumentano a dismisura durante l’estate o le festività.

In questa guida completa sul contratto intermittente a chiamata ti spiego cos’è e cosa significa, quali sono i limiti previsti, come assumere con contratto intermittente a tempo determinato, cosa fare in caso di malattia, come non perdere la NASpI se trovi un lavoro a chiamato o lo hai già e infine come dare le dimissioni, se sono concesse in formato cartaceo o occorrono le dimissioni telematiche.

Cos’è e cosa significa

Il contratto di lavoro intermittente, conosciuto anche come contratto a chiamata oppure job on call, è un contratto di lavoro subordinato con cui il titolare chiede la prestazione del dipendente solo nei momenti in cui ha bisogno. Il contratto può essere sia a tempo determinato che indeterminato.

Il lavoro si caratterizza per periodi di attività e periodi di inattività, in cui il dipendente non lavora e non percepisce alcun compenso. A meno che, abbia dato la sua disponibilità anche per la chiamata: in questo caso percepisce, anche quando non lavora, l’indennità di disponibilità, ossia un compenso atto a ricompensare la sua disponibilità.

Se il lavoratore si ammala, è tenuto ad avvisare subito il datore di lavoro indicandogli fino a che giorno non sarà disponibile. In tale periodo il lavoratore è impossibilitato a rispondere alla chiamata ed è quindi tenuto ad avvisare il datore di lavoro.

Limiti

La legge sottopone il contratto intermittente ai seguenti limiti:

  • Limiti di età: si possono assumere con contratto intermittente solo persone con meno di 24 anni oppure con più di 55 anni;
  • Limite temporale: è consentito lavorare con questo contratto fino a un massimo di 400 giornate lavorative nell’arco di 36 mesi. Se si supera questo limite, il rapporto di lavoro si trasforma automaticamente in rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

Attenzione

Questi limiti non valgono per i settori del turismo, pubblici esercizi, spettacolo. Ciò significa che per lavorare per esempio in un ristorante, si possono assumere anche persone di 30 anni e anche per lavorare oltre 400 giorni ogni 36 mesi.

A chiamata

Le parti (datore di lavoro e lavoratore) devono stipulare il contratto in forma scritta, indicando i seguenti dati:

  1. Durata del contratto, se a tempo determinato (indicando la scadenza) oppure a tempo indeterminato;
  2. Luogo dove si svolgerà la prestazione;
  3. Modalità della prestazione;
  4. Preavviso di chiamata, che deve essere di almeno un giorno lavorativo;
  5. Retribuzione + indennità di disponibilità se prevista, tempi e modalità di pagamento della retribuzione;
  6. Forme e modalità attraverso cui il datore di lavoro chiedere la prestazione;
  7. Modalità per rilevare il lavoro prestato;
  8. Misure di sicurezza necessarie per l’attività.

A tempo determinato

Per quanto riguarda il contratto intermittente, le parti possono stipularlo anche a tempo determinato. Alla scadenza, nulla vieta alle parti di prorogarlo, non c’è una durata massima.

Nel contratto a chiamata non valgono neanche i limiti previsti per i contratti a termine: non occorre aspettare i dieci o venti giorni tra un contratto e il successivo. Appena scade un contratto, le parti possono stipularne subito uno nuovo.

Le proroghe quindi sono possibili, ma deve essere un contratto intermittente caratterizzato da saltuarietà, non di un contratto intermittente stipulato per coprire un contratto a termine. Altrimenti sarebbe una frode e in tal caso il rapporto è convertibile in contratto a tempo indeterminato.

NASpI

NASpI e lavoro intermittente possono convivere: se quindi stai percependo la NASpI e trovi un lavoro intermittente, non è detto che tu perda l’indennità di disoccupazione. Vediamo come e quando.

Bisogna innanzitutto distinguere tra:

  • Contratto intermittente con reddito maggiore 8 mila euro annui. Se il contratto che stipuli ha una durata maggiore di sei mesi, perdi la NASpI (decadenza). Se invece la durata del contratto intermittente non supera i sei mesi, la NASpI non decade: l’INPS la blocca per tutta la durata del lavoro intermittente. Alla conclusione di tale contratto, riprenderai a incassare la NASpI.
  • Contratto intermittente con reddito pari o minore di 8.000 euro annui. In questo caso, indipendentemente dalla durata del contratto, il lavoratore conserva il diritto a percepire la NASpI. Il lavoratore però, entro 30 giorni dalla stipula del contratto intermittente, deve indicare all’INPS quanto presume di guadagnare dal lavoro intermittente.

Malattia

Il lavoratore assunto con contratto intermittente, ha diritto di percepire l’indennità di malattia. Il datore di lavoro infatti, versa i contributi previdenziali INPS.

Se il lavoratore si ammala, deve senza indugio avvisare il suo datore di lavoro, anche se è in un periodo di inattività. Il datore di lavoro infatti, potrebbe aver bisogno della sua prestazione e ha diritto di conoscere l’indisponibilità del dipendente. Durante la malattia, il lavoratore con indennità di disponibilità, non la percepisce.

Dimissioni

Preavviso. Il contratto di lavoro intermittente è una forma atipica. La legislazione collettiva ne disciplina i vari ambiti quindi, se il tuo contratto non dice nulla in merito ai termini di preavviso, devi controllare il tuo CCNL.  Anche se si tratta di un lavoro discontinuo, il buon senso suggerisce comunque di dare un periodo di preavviso al datore di lavoro, da calcolare in percentuale alle giornate di lavoro effettuate nell’ultimo semestre, per esempio.

Dimissioni telematiche. Per quanto riguarda le modalità di dimissioni, il contratto intermittente costituisce un rapporto di lavoro subordinato a tutti gli effetti, quindi deve presentare le dimissioni in modalità telematica (art. 26, D. Lgs. 151/2015). Le dimissioni cartacee, non seguite da quelle telematiche dunque, non sono valide.

Ricorda che in caso di lavoro a tempo determinato, le dimissioni non sono previste: se l’accordo prevede un termine, tu e il datore di lavoro vi siete impegnati a rispettarlo fino a tale data (a meno che si tratti di dimissioni per giusta causa). Se quindi ti dimetti prima della scadenza, l’azienda potrebbe richiederti il risarcimento per il mancato rispetto del contratto. La cosa migliore da fare quindi, è quella di addivenire a un accordo con l’azienda: di solito trattengono solo l’indennità di mancato preavviso.