Sei appena uscito dal negozio presso cui sei cliente da tanto tempo e hai dato un’occhiata allo scontrino, visto che ti è sembrato ti pagare di più rispetto a qualche tempo fa. In effetti hai notato una voce aggiuntiva, che parte da un minimo di 2 euro e arriva fino a 4 euro.
In questa guida completa sul contributo COVID sugli scontrini ti spiego cos’è e di cosa si tratta, perché alcuni negozianti hanno inserito questo costo nel prezzo finale di vendita, quali spese hanno dovuto fronteggiare a causa dell’emergenza coronavirus, infine cosa ne pensa l’associazione dei consumatori Codacons sulla legittimità o meno di questa iniziativa.
Indice
Cos’è
Hai appena fatto un acquisto e sullo scontrino hai trovato una bella sorpresa: la dicitura contributo COVID 19. Si tratta di una somma che solitamente va da 2 a 4 euro e che fa mostra di sé sugli scontrini.
Molti l’hanno battezzata tassa COVID, ma in realtà non si tratta di una tassa. Lo stato non ha lanciato alcuna tassa che va aggiungersi agli scontrini e che abbia questo nome. È semplicemente un modo di dire per indicare questo nuovo balzello che i negozianti hanno introdotto in maniera del tutto autonoma.
Non è quindi una tassa, un’imposta lanciata dallo stato, si tratta di un costo aggiunto dal singolo negoziante e che compare su qualche scontrino. Iniziativa personale dell’esercente e non di intere categorie.
Di che si tratta
Molti negozianti sono stati chiusi durante la fase critica causata dal coronavirus. Oltre alle perdite che sono state ingenti, ora si aggiungono anche i costi per rispettare le misure di sicurezza.
Si pensi ad esempio alle spese che un parrucchiere ora deve sostenere: mascherine per tutti, guanti, camici, copriscarpe, disinfettanti, ecc. Tutto questo si traduce in un costo per ogni singolo cliente, non indifferente.
Il Codacons però, ha espresso dei dubbi sulla legittimità di questo atteggiamento e ha invitato gli esercenti che la applicano, a ripensarci. Secondo l’associazione dei consumatori infatti, il cliente deve pagare per il servizio che ottiene e non per i maggiori costi che l’esercente sostiene.
A meno che si tratti di un contributo volontario: è chiaro che se il cliente può contribuire può farlo, ma questa non deve essere un’imposizione, oppure una “sorpresa” al momento della consegna scontrino.
Al Codacons stanno arrivando varie segnalazioni: da questo contributo COVID 19, all’obbligo di acquisto di veri e propri kit, per esempio per entrare in alcuni centri benessere impongono l’acquisto di un kit composto da vari elementi. Si tratta al momento di casi isolati e non di una consuetudine di tutti i centri.
L’associazione ha ricevuto segnalazioni di aumento un po’ da vari fronti: non parliamo infatti solo di parrucchieri o centri estetici, ma anche di rincari al bar, come l’aumento del costo del caffè. Alcuni esercenti hanno ritoccato al rialzo il prezzo di caffè e cappuccini e questo aumento non è passato inosservato ai clienti.
È legale
Molti si chiedono se questa “tassa” COVID sia legale o illegale. Il Codacons ha espresso seri dubbi sulla legittimità di questo aumento, perché, come sottolineato dall’associazione, il negozio deve far pagare al clienti il servizio reso e non il costo sostenuto dall’esercente.
Da una parte quindi, è vero che i negozianti hanno subito delle perdite importanti: a causa dell’emergenza coronavirus hanno dovuto chiudere tutto. Al momento della riapertura poi, hanno sostenuto delle spese importanti, tra cui per esempio quelle per la sanificazione del locale.
Ora devono predisporre per ogni cliente dei dispositivi di protezione individuale, come appunto mascherine, guanti, cuffie, sovra scarpe, igienizzanti. Quindi se da una parte si spezza una lancia a favore dei negozianti, dall’altra, come ha sottolineato il Codacons, non si può trasferire questo costo sui clienti, i quali devono pagare solo per il servizio reso e non per l’aumento dei costi.
C’è poi da dire che molti esercenti hanno chiesto a gran voce un aiuto proprio per far fronte a queste nuove spese, ma ad oggi non risulta arrivato: il decreto rilancio ha in effetti previsto degli aiuti a favore di famiglie, imprese e lavoratori, tra cui ad esempio un contributo a fondo perduto per coronavirus.
Per accedere a questo contributo però, bisogna rispettare particolari requisiti, quindi non tutte le aziende potranno accedervi.
L’emergenza coronavirus ha modificato le nostre vite in maniera radicale: scuole chiuse, negozi, bar, ristoranti, parrucchieri hanno dovuto abbassare le saracinesche per rispettare le misure di contenimento del contagio. Questo ha causato un azzeramento del fatturato.
La ripresa non è facile, perché non tutti hanno ripreso a frequentare bar, ristoranti e parrucchieri esattamente come prima. I negozianti hanno però messo in atto tutte le misure di sicurezza per evitare i contagi. Ora bisognerà vedere se il costo di queste misure di sicurezza inciderà sul prezzo finale: il Codacons ha invitato gli esercenti a fare dietrofront rispetto agli aumenti dei prezzi.