In Italia il Parlamento ha una durata di cinque anni. Durante questo arco di tempo però, non è detto che tutto vada liscio: da contrasti e dissapori tra le forze politiche di maggioranza, possono derivare crepe insanabili.

In questa guida completa sulla crisi di governo vediamo cos’è, spiegato in maniera semplice alla portata anche di chi non ha una laurea in legge, cosa comporta, cosa succede quando le forze politiche sono in disaccordo e quali sono i possibili scenari per dare alla nazione una maggioranza coesa.

Cos’è

Prima di parlare di crisi di governo, dobbiamo sottolineare alcuni concetti che non sono chiari a tutti: la differenza tra governo e parlamento.

Il parlamento è un organo legislativo, ossia che crea le leggi ed è composto da due camere:

  1. Camera dei deputati;
  2. Senato della Repubblica.

Il governo è invece un organo esecutivo, ossia si occupa di far eseguire le leggi create dal parlamento e di definire la politica di un paese. E’ formato da:

  1. Ministri;
  2. Presidente del consiglio dei Ministri (detto anche premier).

L’importanza della fiducia

Il governo, per poter governare, deve avere la fiducia della maggioranza del parlamento. Detto in parole semplici, la maggioranza del Parlamento deve essere d’accordo con la linea politica del governo. Ed è qui che si innesca la crisi di governo.

Spiegazione semplice

Come detto poc’anzi, per poter far il suo lavoro, il governo deve avere la fiducia della maggioranza del Parlamento (art. 94 della Costituzione italiana). In pratica la maggioranza del Parlamento deve essere in accordo con l’indirizzo politico che il governo intende seguire (per dirla in parole semplici).

Niente più fiducia = problemi

Se questo accordo viene a mancare iniziano i problemi. Seguono le dichiarazioni delle varie forze politiche, che vengono prontamente pubblicate da tutti i giornali. Prosegue un botta e risposta tra le parti. Se non si arriva a capo di nulla, possono succedere due cose:

  1. Dimissioni dei ministri. Alcuni ministri, nello specifico quelli facenti parte della forza politica non più d’accordo con il governo, si dimettono. Questa crisi di governo è detta extraparlamentare, perché non parte dal Parlamento, ma appunto nasce con le dimissioni di alcuni ministri;
  2. Sfiducia del Parlamento. Si tratta della crisi di governo parlamentare, perché appunto nasce dal Parlamento e può essere di due tipi:
  • La Camera o il Senato votano una mozione di sfiducia al governo. Quindi praticamente dicono ad alta voce, per via diretta, che non sono più d’accordo con la linea politica seguita dal governo;
  • Il governo chiede al Parlamento la fiducia per una certa questione e la Camera o il Senato votano contro, è quindi una via indiretta: il Parlamento non ha preso l’iniziativa per la mozione di sfiducia, ma di fatto sta sfiduciando il governo.

Di fatto la crisi inizia quindi con un contrasto, una differenza di veduta tra il governo e le forze politiche fanno parte del governo. In pratica quella che finora era definita come maggioranza, perché tutti erano sulla stessa lunghezza d’onda, ora non c’è più.

E se nel parlamento non c’è più la maggioranza, il governo non ha ragione di andare avanti, come d’altronde impone la Costituzione all’art. 94: “Il governo deve avere la fiducia delle due Camere”.

Il disaccordo si può avere in qualsiasi ambito: una diversa veduta sulla politica fiscale da attuare, sulla spesa pubblica da sostenere, sulla gestione dei fondi concessi dall’UE, sulla politica monetaria e infinite altre questioni.

Cosa comporta

Da quando è nata la Repubblica, le crisi di governo raramente sono state di tipo parlamentare, ossia tramite mozione di sfiducia del Parlamento o voto contrario su questioni importanti per la politica da adottare.

Nella storia della Repubblica, le uniche due crisi di governo di tipo parlamentare hanno coinvolto il governo Prodi nel 1998 (ebbe voto contrario alla Camera) e di nuovo il governo Prodi bis nel 2008 (ebbe voto contrario al Senato).

Nella gran parte dei casi sono state di tipo extraparlamentare, quindi iniziate con le dimissioni di alcuni ministri, quelli facenti parte delle forze politiche non sono più in accordo col le linee politiche del governo.

Cosa succede dopo

Iniziata la crisi di governo, il Presidente del Consiglio ne prende atto e gli scenari possibili sono tanti:

  1. Dimissioni del premier. Il presidente del consiglio, preso atto della crisi, presenta le sue dimissioni al Presidente della Repubblica. Quest’ultimo può anche non accettarle e chiedere al premier dimissionario di negoziare con le forze politiche, giungere a un accordo per ristabilire la maggioranza.
  2. Il premier riferisce in Parlamento. Il presidente del Consiglio chiede ancora del tempo al Presidente della Repubblica, per vedere se riesce a ricreare una maggioranza coesa nel parlamento. A questo punto, può succedere che con le forze politiche in disaccordo finalmente si trovi una decisione comune, oppure che altre forze politiche si uniscano al governo in sostituzione di quelle contrarie. In questo modo si forma una nuova maggioranza e il governo può proseguire;
  3.  Il premier chiede la fiducia in Parlamento. Questa rappresenta una scelta netta: il premier vuole sapere chi c’è e chi non c’è senza ulteriori trattative. Che comunque possono esserci dopo il voto.
  4. Il premier prende tempo. Se ci sono ministri dimissionari, il Presidente del Consiglio può prendere il loro posto ad interim. E’ un modo per prendersi tempo e cercare nuove forze politiche disposte ad unirsi alla maggioranza.

Il premier quindi ha ampio modo per prendere subito in mano la situazione o per temporeggiare. Questo però non significa che possa fare il buono e il cattivo tempo: le opposizioni presenti in Parlamento possono presentare una bella mozione di sfiducia e quindi mettere fine a un “temporeggiare strategico”.

Come abbiamo visto, ci sono varie possibilità per tentare la negoziazione con le forze politiche in disaccordo, ma se questo accordo non si trova, allora non c’è nulla da fare, il governo deve dimettersi, in parole povere “togliere il disturbo”.

A questo punto cosa succede? Anche qui gli scenari sono molteplici:

  1. Il governo rimane in carica fino a quando si forma un nuovo governo;
  2. Il Presidente della Repubblica nomina un nuovo governo, che però deve ottenere la fiducia del Parlamento;
  3. Il Presidente della repubblica nomina un “esploratore” (incarico esplorativo) con il compito di consultare le varie forze politiche e capire se si può creare una nuova maggioranza, che abbia la fiducia del parlamento.
  4. Elezioni. Il Presidente della Repubblica prende atto che la situazione è veramente difficile, e decide di scioglie il parlamento, indicendo nuove elezioni, affinché i cittadini stessi eleggano un nuovo parlamento.

In conclusione, una volta che la crisi è confermata, le redini passano al Presidente della Repubblica, che è il garante della Costituzione.

Egli cerca di risolvere la questione, invitando le forze politiche all’accordo, oppure verifica se è possibile creare una nuova maggioranza. Se non c’è nulla da fare, indice le elezioni: la parola a quel punto passa direttamente al popolo. Vox populi, vox Dei.