Grazie alla dichiarazione dei redditi, puoi scaricare tutta una serie di spese che hai sostenuto durante l’anno. Non solo le classiche spese mediche o scolastiche, ci sono tanti altri costi che ti danno diritto a un rimborso.

In questa guida completa sulla detrazione affitto case popolari ti spiego se è possibile detrarre il canone pagato per l’immobile, come funziona, quanto recuperi, cosa si intende per “alloggio sociale”, quali sono le tipologie di contratto di locazione che ti permettono di scaricare il canone di affitto.

Come funziona

Se vivi in una casa in affitto, puoi avere diritto a un rimborso sul canone pagato: cosa non da poco in un periodo in cui non è sempre facile poter risparmiare. Tale rimborso però, non ti spetta a prescindere, ma solo se possiedi determinati requisiti.

I requisiti necessari sono:

  1. L’uso dell’immobile come abitazione principale;
  2. Il reddito entro certi limiti.

L’abitazione principale, così come la definisce il Ministero delle Finanze, è l’unità immobiliare in cui il soggetto vive anagraficamente e abitualmente. Si tratta quindi della casa dove hai stabilito i tuoi affetti e interessi, dove vivi con la tua famiglia (o da solo, se sei single).

Dunque, per avere diritto alla detrazione, è di primaria importanza che quella casa rappresenti la tua abitazione principale e, non di meno, che non superi determinate soglie reddituali. Vediamole meglio nello specifico.

Quanto recuperi

Hai diritto a un rimborso di:

  • 300 euro, se hai un reddito lordo fino a 15.493,71 euro;
  • 150 euro, se hai un reddito lordo che va da 15.493,71 euro a 30.987,41 euro.

Se vivi in quella casa in seguito a un trasferimento per motivi lavorativi, lo stato ti viene incontro con una detrazione maggiore: il rimborso aumenta a 991,60 nel primo caso (ossia in caso di reddito più basso), 495,80 euro nel secondo caso (ossia in caso di reddito più alto).

Se hai un contratto di affitto in regime convenzionale, hai diritto a un rimborso di:

  • 495,80 euro, se hai un reddito lordo fino a 15.493,71 euro;
  • 247,90 euro, se hai un reddito lordo che va da 15.493,71 euro a 30.987,41 euro.

Se hai un’età compresa tra i 20 e i 31 anni e un reddito fino a 15.493,71 euro, ti spettano 991,60 euro di rimborso.

Cos’è un contratto di affitto in regime convenzionale

Il contratto convenzionale ha due caratteristiche:

  1. Durata medio/lunga: non può avere una durata minore di tre anni.
  2. Canone entro determinati limiti: il canone di affitto non è libero, ma è stabilito di comune accordo tra associazioni dei proprietari e degli inquilini, attraverso specifici accordi territoriali, che considerano luogo e caratteristiche dell’immobile.

Ricapitolando, la detrazione quindi, non spetta sempre e in tutti i casi, ma solo se:

  1. Possiedi i requisiti di cui sopra, ossia usi la casa come abitazione principale e non hai un reddito oltre soglia;
  2. Hai stipulato l’affitto con specifici contratti.

Vediamo ora con quali contratti spetta il rimborso.

Quando spetta il rimborso

La detrazione spetta solo se hai stipulato l’affitto con uno dei seguenti contratti:

  • A canone libero;
  • A canone convenzionale;
  • Stipulati da persone con età tra 20 e 30 anni;
  • Stipulati da lavoratori subordinati in ragione di un trasferimento di lavoro.

In questa lista non compaiono i contratti stipulati per gli alloggi sociali. Se quindi hai in affitto un “alloggio sociale” (ATER ex IACP e del Comune), non hai diritto alla detrazione sul canone pagato. La detrazione riguarda solo i contratti a canone libero, a canone convenzionale (Legge n. 431/1998), i contratti per i giovani fino a 30 anni e quelli stipulati da lavoratori in ragione del trasferimento.

In presenza di rapporti diversi da quelli elencati, nel caso specifico, in presenza di un alloggio sociale dove i contraenti sono la pubblica amministrazione e il privato, non spetta detrazione del canone di affitto (Circolare Ministero delle Finanze n. 95/2000, risposta 6.1.2; Circolare Min. Fin. n. 55/2001, risposta 2.3.2; Circolare Min. FIn. n. 48/2002, risposta 1.6).

Il Decreto del 22/04/2008 del Ministero delle Infrastrutture riporta la definizione di “alloggio sociale”: un “alloggio sociale” è un immobile di tipo residenziale concesso a famiglie svantaggiate che non riescono ad affittare una casa nel libero mercato.

In passato, il cosiddetto “Piano casa” (D.L. n. 47/2014), aveva introdotto un’agevolazione, che però valeva solo per per il triennio 2014, 2015, e 2016. Ad oggi non risulta prorogata.

Come ottenere una casa popolare

Enti pubblici e comuni, generalmente offrono la possibilità, alle famiglie poco abbienti, di ottenere una casa popolare, partecipando a un apposito bando. Ti consiglio quindi di informarti presso il tuo Comune, la Regione e i relativi siti internet ufficiali.

Se è presente un bando, per partecipare devi:

  1. Compilare un apposito modulo;
  2. Allegare i documenti richiesti: documento d’identità valido, modello ISEE, eventuale certificato di invalidità.

Una volta consegnati tutti i documenti e giunta la scadenza, il comune analizza le domande e assegna dei punteggi, che permettono di stilare una graduatoria (resa pubblica sulla Gazzetta Ufficiale della Regione).

In base alla graduatoria il comune assegna le case: chi ha un punteggio più alto significa che ha maggiori esigenze. Chi ha un punteggio molto basso, non ottiene la casa, ma può rimanere nella lista di attesa e il comune gli assegnerà una casa quando sarà libera o se ne costruirà altre.

Regole del beneficiario della casa popolare:

  • Alloggiare stabilmente nella casa. Non è possibile prendere una casa popolare e viverci solo occasionalmente;
  • Non subaffittare;
  • Pagare regolarmente il canone stabilito dall’ente;
  • Pagare i servizi condominiali e tutto ciò che permette di mantenere il decoro dell’immobile;
  • Curare lo spazio abitativo;
  • Evitare di modificare la casa senza autorizzazione dell’ente;
  • Restituire la casa popolare senza danni.