Non è sempre facile trovarsi in accordo con gli altri nella vita. Lo stesso accade in un matrimonio lungo e duraturo: punti di vista, opinioni e modi di fare possono differire a tal punto che, piuttosto che litigare, i coniugi scelgano in modo condiviso, tranquillo e civile di optare per un divorzio consensuale.

In questa guida ti spiego come funziona il divorzio consensuale, quali sono i casi in cui è possibile fare a meno dell’avvocato, come si riducono i costi rispetto alle altre forme di divorzio, cosa succede nel caso di presenza di figli, qual è la procedura e quanto tempo ci vuole, dunque quando è possibile risposarsi. Ecco cosa devi sapere.

Cos’è

Il divorzio consensuale, detto anche “congiunto” é un atto di scioglimento dei vincoli matrimoniali laddove i coniugi hanno trovato un accordo su tutto: sulle questioni economiche, patrimoniali, personali, sull’assegnazione della casa, sugli assegni di mantenimento e sull’affidamento dei figli in seguito alla separazione.

Questo tipo di divorzio rappresenta un caso di onestà, rispetto e buona fede, messo in atto anche in una situazione non felice quale é la separazione.

Come funziona

Dopo l’entrata in vigore della legge 55 del 6 maggio 2015 (“Legge sul divorzio breve”) i tempi per lo scioglimento del matrimonio si sono notevolmente ridotti: in caso di separazione consensuale sono sufficienti sei mesi di non convivenza per richiedere lo scioglimento definitivo (ossia il divorzio). I sei mesi vanno conteggiati a partire dalla data di omologazione della separazione.

Non essendoci un contenzioso tra le parti, che hanno trovato un accordo su tutto, la procedura é molto snella ed é costituita da un’unica udienza in tribunale e dalla pubblicazione della sentenza di divorzio sei mesi dopo.

Per avviare le pratiche di divorzio consensuale, le parti devono rivolgersi al tribunale di competenza territoriale, ossia quello del luogo di residenza o di domicilio.

La legge sul divorzio breve, ha introdotto altri due modi per semplificare ancora di più le pratiche di divorzio ed evitare di rivolgersi al tribunale:

  • La negoziazione assistita, che consiste nell’instaurare la procedura di separazione tramite i propri avvocati;
  • La pratica in Comune, che consiste nell’instaurare la procedura in Comune, dinanzi al sindaco, anche senza avvocato e a costi davvero irrisori (15/30 euro).

Avvocato

In caso di separazione consensuale, non é obbligatorio rivolgersi a un avvocato. Ricapitolando, infatti, le procedure di separazione sono tre:

  1. Tramite ricorso congiunto in Tribunale, su richiesta di entrambi interessati. In questo caso occorre inviare al Tribunale una copia del ricorso. Il Presidente fisserà una data di incontro con i coniugi e omologherà la separazione. Anche in questo caso l’avvocato non é obbligatorio, ma molte coppie decidono di affidarsi solo per la stesura del ricorso da inviare al Tribunale.
  2. Tramite negoziazione assistita. In questo caso serve la presenza di un avvocato per parte. I due legali insieme alla coppia organizzano un incontro, metteranno per iscritto un verbale in cui sono chiariti gli accordi tra i coniugi e si occuperanno di inviarlo alla Procura della Repubblica nel Tribunale di competenza, affinché sia omologato.
  3. In Comune dinanzi al Sindaco. Tramite questo metodo, visto che é quasi a “zero spese”, i due coniugi possono rivolgersi al Comune. Saranno prima concessi loro 30 giorni per capire se vogliono davvero separarsi e alla scadenza di questo termine sarà fissata una data di comparizione dinanzi al sindaco o all’addetto all’anagrafe per formalizzare la separazione.

Come scegliere

Non tutti i coniugi possono scegliere tra i tre metodi. Possono separarsi tramite il Comune solo i coniugi senza figli o con figli maggiorenni e autosufficienti economicamente. Nel resto dei casi (coniugi con figli minorenni, disabili oppure maggiorenni ma non autosufficienti) é possibile scegliere solo tra il ricorso in Tribunale e la negoziazione assistita tramite avvocati.

Costo

Il costo del divorzio congiunto varia in base alla modalità scelta:

  1. In caso di ricorso in Tribunale, il costo é quello della parcella dell’avvocato per la redazione dell’atto di accordo da inviare al Tribunale. Il costo di solito é di circa 700 euro. Se poi entrambi i coniugi si rivolgono allo stesso legale, la spesa va divisa in due, permettendo un ulteriore risparmio. Inoltre, occorrerà pagare al tribunale il contributo unificato, pari a circa 50 euro.
  2. In caso di negoziazione assistita, il costo é più o meno simile: sono all’incirca 1.000 euro. In questo caso però, ognuna delle parti deve avere un suo avvocato e quindi non si può dividere la spesa.
  3. In caso di separazione in Comune, essendo una tipologia di separazione senza avvocato, i costi praticamente si azzerano. Si pagano solo alcuni diritti di segreteria al Comune per una spesa di circa 15/30 euro.

Figli minorenni e maggiorenni

I coniugi senza figli, oppure con figli maggiorenni e autosufficienti, possono intraprendere la procedura di separazione direttamente in Comune, al costo irrisorio di 15/30 euro.

Per il divorzio in Comune non serve l’assistenza di un legale: i coniugi senza figli (o con figli maggiorenni autosufficienti) possono quindi seguire una procedura più snella e molto più economica rispetto agli altri.

In presenza di figli invece, che siano minorenni, portatori di handicap grave, oppure maggiorenni ma non autosufficienti economicamente, i coniugi possono optare solo per la separazione tramite ricorso in Tribunale o tramite negoziazione assistita degli avvocati. Lo scopo é quello di tutelare al meglio tutti gli aspetti riguardante la prole: l’affidamento, gli assegni, ecc.

Se ci sono dei figli, che siano minorenni, maggiorenni o portatori di handicap, i tempi di divorzio non cambiano ma rimangono sempre pari a sei mesi indipendentemente dalla presenza di figli o meno.

Procedura e tempi

La procedura inizia sempre con la domanda di separazione che, in base alla modalità scelta, va inviata al Tribunale, all’avvocato della controparte, oppure al Comune. I due coniugi vengono quindi chiamati a comparire (in base alla modalità scelta: dinanzi al Presidente del Tribunale, agli avvocati o al sindaco). In tale data viene tentata la conciliazione dei due coniugi.

Se la conciliazione non va a buon fine, la separazione viene omologata e da quella data, trascorsi sei mesi, si potrà fare una nuova domanda, stavolta di divorzio, per sciogliere definitivamente il matrimonio. I sei mesi di separazione rappresentano un tempo di riflessione che la legge conferisce ai coniugi affinché possano ripensarci. Se dopo sei mesi sono ancora convinti della scelta, potranno fare domanda di divorzio.

Al momento della pronuncia della separazione, vengono definiti tutti i rapporti, quindi gli eventuali assegni di mantenimento, l’affidamento dei figli o le visite e l’assegnazione della casa. Aspetti di cui i coniugi hanno già trovato un accordo in precedenza (altrimenti la separazione non sarebbe consensuale), ma che finalmente vengono messi per iscritto. Al momento del divorzio potranno essere confermati, o meno.

L’avvocato di fiducia indicherà ai coniugi tutti i documenti necessari per le pratiche. Se i coniugi stanno provvedendo senza avvocato, possono telefonare o visitare i siti internet del Tribunale competente o del Comune per verificare l’elenco dei documenti da presentare.

Matrimonio dopo

Una volta ottenuta la sentenza di divorzio, non é possibile sposarsi subito ma é necessario attendere che la sentenza passi in giudicato, ossia non possa più essere impugnata. La sentenza di divorzio passa in giudicato dopo sei mesi a decorrere dalla pubblicazione (di solito entro al massimo un mese dalla prima udienza).

In alcuni tribunali, tra cui quello di Milano, le parti possono far inserire nel verbale di udienza che rinunciano all’impugnazione oppure, se la decisione di non impugnarla viene presa dopo l’udienza finale, possono prestare acquiescenza alla sentenza, ossia dichiarare per iscritto che rinunciano all’impugnazione.

Dopo che la sentenza di divorzio é passata in giudicato, occorre inviare al Comune una copia autenticata della sentenza, affinché possa appuntare lo status di divorziati sull’atto di matrimonio. Questa prassi necessita di uno o due mesi e decreta agli ex coniugi lo stato di “libero”. Da quel momento entrambi possono contrarre nuovo matrimonio. Quindi é possibile risposarsi dopo circa 9/10 mesi dalla sentenza di divorzio.

Lutto vedovile: divieto temporaneo di nuove nozze

L’art.89 del codice civile sancisce che la donna può sposarsi solo dopo 300 giorni dalla sentenza di divorzio. Questa norma ha lo scopo di evitare che la paternità venga attribuita al nuovo coniuge nel caso la donna fosse gravida. Quando il “pericolo” gravidanza é ormai scongiurato, il nuovo coniuge è certo di non vedersi attribuire disonestamente figli non suoi.

Questa norma però aggiunge una importante eccezione: i 300 giorni non valgono in caso di separazione consensuale o giudiziale. Siccome tutti i divorzi seguono a una separazione consensuale o giudiziale, che di fatto sanciscono la “non convivenza” tra i coniugi, questa regola non vale per alcuna donna, che quindi può risposarsi come detto sopra, allo stesso modo degli uomini.

Le uniche donne alle quali si applica questa norma quindi, sono quelle che ottengono il divorzio immediato, ossia senza separazione: casi rari quando per esempio l’ex marito é stato condannato all’ergastolo o a pene per delitti particolarmente spietati e la moglie può ottenere il divorzio quasi immediatamente.