Gli ultimi governi hanno rivolto particolare attenzione al tema della trasparenza fiscale e a quello dell’evasione. Lo scopo è quello di ridurre il fenomeno, fino ad azzerarlo, con una serie di controlli più approfonditi e mirati che vanno a confrontare il reddito dichiarato con altri dati.

In questa guida sull’evasometro ti spiego cos’è e come funziona, quando è entrato in vigore, cosa controlla, a chi si applica, cosa succede se lo strumento rivela un’incongruenza, la sua retroattività, l’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate e infine come difendersi in caso di contraddittorio.

Cos’è e come funziona

Il nuovo evasometro è uno strumento messo a disposizione dell’Agenzia delle Entrate, che permette di individuare le differenze sostanziali tra quanto dichiarato e quanto speso, investito, posseduto.

Esempio

Quest’anno hai dichiarato un reddito pari a 20.000 euro, ma poi risulta che hai avuto spese per 50.000, hai un conto corrente da milioni di euro e tre macchine di grossa cilindrata. In questo caso, è chiaro che c’è una forte incongruenza e quindi l’evasometro fa scattare una segnalazione. Da qui, partirà l’accertamento per capire se la fonte del tuo denaro è di natura lecita oppure di evasione fiscale.

Entrata in vigore

L’evasometro era già attivo in via sperimentale a partire dal 2019. Quindi è già da un po’ di tempo che l’occhio del fisco effettua alcune verifiche per stanare gli evasori. Era però in via sperimentale, quindi non su larga scala.

A partire dal 2020, l’evasometro entra a regime: il fisco ha la possibilità di controllare tutte le incongruenze, a partire da una serie di dati messi a sua disposizione. In caso di discordanza con i dati dichiarati, parte l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate.

Cosa controlla

L’evasometro è uno strumento molto particolare e innovativo rispetto al passato. Si tratta infatti di un algoritmo che confronta una serie di dati. In passato infatti, abbiamo avuto lo spesometro, ossia lo strumento che metteva a confronto reddito dichiarato da una persona, con le spese che risultavano a suo carico. Quindi, per esempio, se dichiaravi un reddito annuo di 10.000 euro e poi ne spendevi 50.000, allora poteva scattare un accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Altro esempio che possiamo fare è quello del redditometro, che mette a confronto i redditi dichiarati con i beni materiali posseduti: anche in questo caso se dichiari un reddito basso, tipo 10.000 euro annui e poi possiedi 3 auto di grossa cilindrate e una barca a Porto Cervo, l’Agenzia delle Entrate potrebbe chiederti delle spiegazioni.

L’evasometro è l’evoluzione di tutti questi strumenti: è un algoritmo che incrocia una serie di dati, tra cui conto corrente, pagamenti, movimenti bancari, fatture. Questo algoritmo è stato presentato come in grado di raccogliere molteplici informazioni e, se trova delle incongruenze, lo segnala. A questo punto Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza possono intervenire con un accertamento. Sta poi al contribuente provare, con idonea documentazione, che quel denaro proviene da fonte lecita e non è il frutto di evasione fiscale.

L’evasometro è un algoritmo in grado di controllare:

  • Saldo del conto corrente;
  • Movimenti bancari;
  • Carte di credito e relativi movimenti;
  • Prodotti finanziari posseduti (azioni, obbligazioni, titoli di Stato, ecc.);
  • Conti deposito;
  • Fatture.

A chi si applica

Praticamente chiunque può essere sotto la lente dell’evasometro. Lo strumento pone sotto la lente di ingrandimento i conti correnti, le spese, i movimenti bancari, le fatture di ogni contribuente. Si sollevano dubbi in merito alla legittimità di uno strumento del genere e su quanto leda la privacy di ognuno di noi.

La risposta del fisco è che anche la privacy e l’anonimato sono salvi: l’algoritmo controlla i dati, ma rispetta l’anonimato, quindi tutela le norme di riservatezza vigenti in Italia e in Europa. Lo strumento segnala alle autorità solo nel momento in cui ravvisa incongruenze tra i redditi dichiarati e i dati che emergono dal controllo.

Come difendersi

L’evasometro utilizza i dati che hai presentato all’Agenzia delle Entrate tramite la dichiarazione dei redditi, li incrocia con gli altri dati a cui ha accesso e che è conosciuta come Superanagrafe (conto corrente, auto e immobili intestati, prodotti finanziari a tuo nome) e se trova una discrepanza maggiore del 20/25%, parte una segnalazione:

  1. L’Agenzia delle Entrate ti invia un accertamento. L’onere della prova spetta a te: sei tu che devi dimostrare all’Agenzia delle Entrate, documenti alla mano, come hai guadagnato quel denaro, che non è frutto di evasione.
  2. Se non riesci a dimostrarlo, non hai alcuna prova della provenienza di quei soldi, allora possono scattare le sanzioni.

L’unico modo che hai per difenderti quindi, è conservare sempre le prove che dimostrano l’origine dei tuoi denari. Se l’Agenzia delle Entrate ritiene che quelle prove sono insufficienti a dimostrare l’origine del denaro, allora potrebbe applicare la cosiddetta tassa sui risparmi, ossia una tassa da calcolare sui redditi che risultano più alti rispetto a quanto dichiarato.

Esempio

Hai dichiarato 50.000 euro quest’anno. Ma dall’evasometro ne risultano 80.000. Quasi 30.000 euro in più! Su questi 30.000 l’Agenzia delle Entrate potrebbe applicarti la tassa sui risparmi.

Agenzia delle Entrate

L’evasometro è uno strumento con lo scopo di stanare l’evasione fiscale, grazie al tracciamento di una serie di movimenti: le spese che effettui, i beni mobili e immobili a te intestati, i prodotti finanziari in cui investi, i redditi che dichiari. Se lo scostamento rispetto a quanto dichiarato è troppo alto, allora partono i controlli.

L’Agenzia delle Entrate può inviarti una comunicazione scritta. Oltre a segnalarti le incongruenze rilevate, ti invita a un contraddittorio dove hai la possibilità di portare prove e documenti per dimostrare che quel denaro non è fonte di evasione fiscale.

Retroattivo

L’evasometro è uno strumento retroattivo fino a 5 anni. Ciò significa che può segnalare le incongruenze dei dati non solo di quest’anno, ma anche dell’anno scorso e fino ai 5 anni precedenti. L’Agenzia delle Entrate infatti ha tempo 5 anni per contestare le tue dichiarazioni dei redditi. E questo succedeva anche prima dell’introduzione dell’evasometro.

Esempio

Se per esempio oggi siamo nel 2022, l’Agenzia delle Entrate può contestare la tua dichiarazione dei redditi del 2021, del 2020, del 2019, del 2018 e del 2017. Nel momento in cui presenti la dichiarazione (tramite 730 o Modello Unico), l’Agenzia delle Entrate ha tempo 5 anni per chiedere un accertamento.

Ti faccio un esempio al contrario. Nel 2021 fai la dichiarazione dei redditi (quindi riferita ai redditi 2020), il fisco può procedere con un accertamento fino al 2026.