Si sente spesso parlare di regimi fiscali e di contabilità. In Italia ne abbiamo tre: regime ordinario, regime semplificato e regime forfettario. Le differenze tra i tre sono fondamentali ed è bene che tu le comprenda pienamente, in modo da individuale quello adatto (oppure obbligatorio) per la tua azienda.

In questa guida completa ti spiego le differenze tra regime ordinario, semplificato e forfettario, le differenze a livello contabile e quelle a livello fiscale, quali sono i limiti per poter aderire a uno piuttosto che a un altro, quali sono invece gli aspetti in comune, se ci sono e infine quali sono i vantaggi del forfettario.

Differenze

Il regime ordinario è quello base, ossia quello a cui aderisce ogni impresa, ogni partita IVA che non effettua alcuna scelta in merito al regime.

Tuttavia, se i tuoi ricavi non superano:

  • 500 mila euro se presti servizi o 800 mila euro se vendi beni, allora puoi aderire al regime semplificato;
  • 85 mila euro (sia in caso di vendita di beni che di servizi), allora puoi aderire al regime forfettario.

Come vedi quindi, se il fatturato della tua azienda supera gli 800 mila euro annui (se vendi beni) oppure 500 mila euro annui (se presti servizi), sei obbligato ad aderire al regime ordinario. Non puoi optare né per il semplificato e tantomeno per il forfettario.

E questa è la prima differenza: il limite di ricavi. Per ricavi si intende il fatturato, quindi senza considerare i costi.

Vediamo ora le differenze dal punto di vista contabile.

Differenze contabili

1. Regime ordinario. È il regime contabile più dettagliato, quello più complicato da tenere: devi registrare con dovizia di particolari tutte le operazioni compiute dall’azienda. Bisogna:

  1. Redigere il bilancio di esercizio annuale e la nota integrativa;
  2. Tenere il registro dei beni ammortizzabili;
  3. Tenere il libro degli inventari;
  4. Indicare i costi di produzione e i ricavi lordi, ossia prima dell’applicazione delle imposte.

Questo regime è obbligatorio per le imprese di grosse dimensioni, che fatturano tanto (più di 500 mila o 800 mila euro a seconda del settore – beni o servizi), per le altre è il regime cosiddetto naturale, nel senso che se l’imprenditore non opera alcuna scelta, allora aderisce direttamente al regime ordinario. Se invece ne possiede i requisiti, può optare per il semplificato o il forfettario (deve appunto possedere i requisiti per poter usufruire del semplificato o del forfettario).

Può sembrare, a primo impatto, che il regime ordinario sia il più complicato, contorto e problematico. Non è così: questa dettagliata gestione contabile permette di avere sempre a disposizione un quadro completo della situazione finanziaria dell’impresa. E per un’azienda di un certo calibro, è molto importante.

2. Regime semplificato. È un regime contabile più semplice rispetto a quello ordinario, possono aderirvi solo le imprese con ricavi che non superano:

  • 500 mila euro che prestano servizi o 800 mila euro che vendono beni;
  • 85 mila euro (sia in caso di vendita di beni che di servizi).

Chi opera in contabilità semplificata non ha l’obbligo di redigere il bilancio di esercizio, non richiede il libro degli inventari né il calcolo costi di produzione: basta indicarli al netto.

È un regime più smart sotto il punto di vista contabile, ed è quello più usato da piccole e medie imprese e lavoratori autonomi.

Attenzione

A livello di tasse e imposte da pagare, non c’è alcuna differenza tra regime ordinario e regime semplificato. Le imposte da pagare sono le stesse: IRPEF, IRAP, addizionali, ecc… a seconda del settore e della tipologia di attività. Quindi aderire all’uno o all’altro significa semplicemente beneficiare di una contabilità più o meno veloce e snella, ma NON avere sconti dal punto di vista fiscale!

3. Regime forfettario. Questo regime è completamente diverso dai primi due. Mentre quello semplificato e quello ordinario hanno in comune la stessa tassazione (aderire all’uno o all’altro non comporta vantaggi o svantaggi fiscali), aderendo al regime forfettario, il livello di tassazione si abbassa notevolmente.

Un imprenditore in regime forfettario non deve pagare alcuna imposta, se non la cosiddetta imposta sostitutiva al 15%. Proprio così: mentre gli altri in regime ordinario o semplificato devono pagare IRPEF, IVA, ecc… chi opera in forfettario non versa nulla di tutto ciò. Deve pagare solo il 15% calcolato sul fatturato (a cui sottrarre solo i costi per i contributi previdenziali).

A questo regime però, possono aderire solo le partite IVA che non superano gli 85 mila euro di ricavi annuali. Inoltre, non è tutto oro ciò che luccica: con questo regime non è possibile scaricare l’IVA, né tanto meno i costi di impresa (tranne appunto quelli previdenziali). Quindi, se vuoi avviare un’attività per la quale sai di avere molti costi, forse non è il regime adatto.

Il forfettario è un regime interessante per le piccole attività, con pochi o nulli costi. Ad esempio può andar bene a un libero professionista quale uno psicologo, a un grafico pubblicitario che lavora da casa, a un avvocato agli esordi.

Differenze fiscali

A livello fiscale, come già detto nei passi precedenti, non c’è differenza tra regime ordinario e regime semplificato. A entrambi si applica la stessa imposizione, a seconda dell’attività e del tipo di impresa.

Diverso è il discorso per il regime forfettario, che rappresenta appunto un regime agevolato per le imprese e i liberi professionisti che non superano gli 85 mila euro annui di fatturato. Costoro beneficiano di una tassazione al 15% (imposta sostitutiva), al posto dei classici IRPEF, IRAP, IVA, ecc.

In regime forfettario si paga solo l’imposta sostitutiva al 15%, a differenza del regime ordinario e del regime semplificato, che prevedono IRAP, IRPEF, addizionali, IVA, ecc..