La caparra confirmatoria, rappresenta un acconto, che il venditore può trattenere in caso di inadempimento contrattuale (nello specifico caso si parla di impossibilità di acquistare la casa per mancata concessione del mutuo). Ma cosa comporta il mancato acquisto di una casa, di cui si era già firmato il compromesso e per il quale l’acquirente aveva versato la caparra confirmatoria?
Si tratta quindi di un caso particolare, dove da un lato occorre far valere il diritto, per il venditore, di tenere la caparra confirmatoria ai sensi dell’art. 1385 del codice civile, dall’altro occorre prestare particolare attenzione anche alle ragioni dell’acquirente, la cui inadempienza non è stata certamente voluta, ma determinata esclusivamente dalla mancata concessione del mutuo.
Cosa dice la legge in questo caso? Il venditore può trattenere la caparra data in anticipo, oppure considerato che l’inadempimento dell’acquirente è non voluto, occorre restituire (tutta o parte) la caparra?
A rispondere a queste domande é stata l’ordinanza del tribunale di Tivoli, precisamente l’ordinanza n.2 del 10 ottobre 2012, in merito alla controversia tra P. S. ed altro e C. C.
Il fatto: P.S. aveva versato, in qualità di caparra confirmatoria, una somma pari a 150.000 euro, per l’acquisto di un immobile al prezzo di 510.000 euro. Detto acquisto, a causa della mancata concessione del mutuo, non si era potuto più concludere e il venditore aveva trattenuto per sè i 150.000 euro, che come da compromesso, risultavano consegnati a titolo di caparra confirmatoria.
L’articolo 1385 del codice civile, sancisce chiaramente che la caparra confirmatoria, in caso di inadempimento, può essere trattenuta dalla controparte. La signora P.S contestava il fatto che l’inadempimento non fosse stato causato da colpa e chiedeva la restituzione del denaro.
Il giudice però, ha rilevato che la somma era stata chiaramente consegnata a titolo di caparra confirmatoria, per cui, ai sensi del suddetto articolo, non poteva essere restituita.
Ciò non ha comunque negato al giudice di sollevare un dubbio di costituzionalità: nello specifico caso: si trattava infatti di un adempimento non voluto e nel quale risultava un’evidente sproporzione della somma consegnata a titolo di caparra rispetto alla prassi comune. Il giudice quindi aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1385 c.c. che, di fatto, non permetteva al giudice in specifici e così eclatanti casi, di ridurre l’importo della caparra che il venditore aveva trattenuto.
La Corte Costituzionale, un anno dopo, ha risposto al quesito: con l’ordinanza n.248 del 2013, ha infatti dichiarato inammissibile della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1385, sollevata dal giudice di Tivoli.
Conclusioni: la caparra confirmatoria quindi, in caso di inadempimento (anche dovuto alla mancata concessione del mutuo), è legittimanente trattenuta dalla controparte e non è possibile per il giudice neanche ridurne la somma. La legittimità dell’articolo 1385 c.c., è quindi stata confermata.
Fonti:
– Gazzetta Ufficiale, Tribunale di Tivoli ordinanza n.2 del 10 ottobre 2012
– Gazzetta Ufficiale, Corte Costituzionale ordinanza n.248 del 2013