I tempi della giustizia italiana sono proverbialmente lenti. O meglio, erano. La riforma della giustizia intervenuta nel 2021, mira infatti a velocizzare i processi, a snellire le procedure, a impostare delle priorità nei tribunali: le cause penali devono avere tempi certi e chiari.

In questa guida completa sulla riforma giustizia ti spiego cosa prevede, quali sono i cambiamenti che intervengono sui processi penali, sulla prescrizione, l’improcedibilità, il ricorso all’Appello e alla Cassazione, infine la gestione delle priorità all’interno dei tribunali italiani a seguito della riforma.

Cosa prevede

La riforma Cartabia (che prende il nome dalla ministra che l’ha proposta: Marta Maria Carla Cartabia) introduce una serie di cambiamenti nel processo penale italiano.

Lo scopo principale è quello di snellire le procedure e soprattutto i tempi: la giustizia italiana infatti, non brilla per sveltezza e celerità e questa riforma tocca punti fondamentali che vanno a stabilire tempi certi e ridotti. Nello specifico tocca i seguenti temi:

  1. Riduzione dei tempi delle indagini preliminari;
  2. Priorità di azione per le Procure;
  3. Progetto organizzativo legato all’approvazione del CSM;
  4. Casi di inammissibilità del ricorso in Appello;
  5. Prescrizione e improcedibilità;
  6. Istituto della “messa alla prova”.

Indagini preliminari

La riforma della giustizia prevede la riduzione dei tempi delle indagini preliminari:

  1. Tutte le indagini preliminari sono soggette all’ispezione del GIP (Giudice per le Indagini Preliminari).
  2. Devono avere durata massima di un anno, che si riduce a sei mesi per le contravvenzioni, e aumenta a 18 mesi per i reati più gravi (spaccio di stupefacenti, mafia, terrorismo).

Prescrizione

La giustizia italiana è stata sempre, troppo lenta. Per mettere fine a processi lunghi ed estenuanti, la riforma stabilisce delle regole temporali ben precise: la prescrizione rimane bloccata dopo il primo grado (come già avveniva prima della riforma) sia in caso di condanna che di assoluzione.

Appena parte il processo d’Appello però, i tempi devono essere brevi e certi: il processo d’Appello deve durare al massimo due anni, mentre quello in Cassazione al massimo un anno. Se questi tempi trascorrono senza che arrivi la sentenza, il reato viene dichiarato improcedibile, quindi il processo non può più continuare.

Improcedibilità

Come detto nel paragrafo precedente, la riforma della giustizia introduce tempi certi sia per il processo d’Appello che per il processo che arriva in Corte di Cassazione. Questa regola ha lo scopo di mettere dei paletti temporali ai processi infiniti: se non si rispettano i tempi, non si può più procedere.

Ci sono però alcuni reati che continuano a essere procedibili, a prescindere dai tempi dei processi:

  • I reati imprescrittibili, ossia quelli per i quali è previsto l’ergastolo. Si tratta di reati talmente gravi ai quali non bisogna concedere alcuna riduzione e anche se trascorre del tempo, devono essere sempre procedibili. Quindi se per uno di questi reati l’Appello dura per esempio tre anni, il processo non si ferma, va avanti fino alla sentenza.
  • Altri reati molto gravi (che riguardano ad esempio violenza sessuale, associazione di stampo mafioso, spaccio di sostanze, corruzione e concussione) o molto complessi (per esempio che coinvolgono un alto numero di imputati o vittime). In questo caso è prevista solo un’ulteriore proroga di un anno in appello e di sei mesi in Cassazione (in tutto quindi i tempi massimi sarebbero tre anni in Appello e un anno e mezzo in Cassazione).

L’improcedibilità è quindi a favore dell’imputato soprattutto. Ma non significa che il reato è cancellato: semplicemente non è più procedibile. Se però l’imputato desidera proseguire il processo perché per esempio ci tiene a far dichiarare la sua innocenza, può rinunciare all’improcedibilità, dunque proseguire il processo e ottenere una sentenza definitiva.

Priorità

Ogni anno, il Guardasigilli del tribunale deve emettere un atto di indirizzo, con cui invita le Procure a indirizzare maggiori energie verso alcuni processi piuttosto che in altri. Non perché con la riforma dei reati diventano meno gravi di altri, ma per questioni specifiche e ritenute più urgenti.

Se per esempio il Parlamento stabilisce che la lotta allo spaccio di stupefacenti necessità di maggiore impegno, allora il Guardasigilli può indirizzare la procura a impiegare maggiori risorse nella lotta al fenomeno.

Le procure quindi non hanno più completa e totale discrezione nelle azioni penali: devono attenersi alle indicazioni che vengono ogni anno dal Parlamento, il quale stabilisce le priorità su cui concentrarsi.

Progetto organizzativo

Il pubblico ministero, durante un processo penale, deve individuare priorità precise e chiare, indicarle in modo puntuale e specifico in un apposito progetto organizzativo della Procura.

Questo progetto deve inoltrarlo infine al CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) il quale può approvarlo o meno. Dunque c’è questo passaggio importante che prevede la presenza del CSM.

Inammissibilità dell’Appello

Al termine del processo di primo grado, la parte che ritiene ingiusta la sentenza può procedere in Appello. Dopo l’Appello, se ancora ritiene che non sia stata fatta giustizia, può impugnare la sentenza e procedere in Corte di Cassazione.

Con la riforma della giustizia, l’Appello diventa inammissibile se non ci sono motivazioni esplicite, chiare, ragioni di fatto o di diritto che giustifichino l’impugnazione. In caso di motivo aspecifico, poco chiaro, non si può quindi andare in Appello.

Istituto della ‘messa alla prova’

L’indagato può chiedere al giudice, da subito di fare i lavori socialmente utili (LSU). Per subito si intende che già durante le indagini preliminari, l’imputato può decidere di impiegarsi nei LSU:

  • Eseguendo lavori di pubblica utilità;
  • Attuando condotte riparative, allo scopo di eliminare le conseguenze del suo reato, laddove possibile.

Lo scopo della riforma è dunque quello di rendere i processi più snelli, attraverso innanzitutto una riduzione dei tempi. In passato infatti i processi, tra primo grado, Appello e Cassazione erano interminabili e estenuanti, non solo dal punto di vista temporale ma anche psicologico. Un processo più breve dovrebbe significare anche meno dispendio economico, si spera.

In secondo luogo è possibile assegnare determinate priorità ai tribunali: laddove un fenomeno necessiti maggiori sforzi e attenzioni, il Parlamento può indirizzare a focalizzare le risorse verso determinati processi piuttosto che in altri, senza però annullare o eliminare questi ultimi.