Il D.M. 11 febbraio 2008 ha posto degli accenti sulla normativa riguardante l’applicazione degli studi di settore sulle imprese che esercitano più attività, ossia hanno più codici Ateco (le cosiddette multiattività) e le imprese che esercitano l’attività tramite più punti di produzione o di vendita (le cosiddette multipunto).
Il comma 1 dell’articolo 1 del suddetto D.M. ha, prima di tutto, riservato l’obbligo di annotazione separata dei ricavi (con schede extracontabili, etc,), solo alle imprese multiattività dove, per almeno una di queste attività risultano approvati gli studi di settore.
Il D.M. ha inoltre introdotto, sempre per le multiattività e le multipunto, dei casi di esclusione anche nel caso di accertamento da parte del fisco. Vediamoli insieme.
Casi di esclusione
Per le imprese multiattività (o multipunto), che svolgono due o più attività non rientranti nello stesso studio di settore, i risultati degli studi di settore:
1. possono essere direttamente utilizzati in sede di accertamento solo se i ricavi delle attività non facenti parte dello studio di settore dell’attività prevalente sono uguali o minori del 30% dei ricavi totali di impresa.
2. se i ricavi delle attività non rientranti nello studio di s. dell’attività prevalente (quella da cui derivano maggiori ricavi), sono maggiori al 30% del totale dei ricavi, i risultati degli s. di s. possono essere usati solo ed esclusivamente per la scelta delle posizioni da controllare. I risultati degli s. di s. quindi, in questo caso, non rilevano ai fini dell’applicazione dell’ art. 10, comma 4-bis, L. 08/05/1998, n. 146
In questo modo, grazie a queste esclusioni, si evita di usare in maniera troppo rigida gli studi di settore per delle attività a cui, per la loto varietà (multiattività), non possono essere applicati gli stessi principi validi per le attività monosettoriali.